EVASIONE CULTURALE A KM0, RUBRICHE

RUBRICA: UNA GITA FUORI PORTA: SANT’AGATA DE’ GOTI

EVASIONE CULTURALE A CHILOMETRO ZERO E AD EURO UNO. Viviamo nella storia, nell’arte e nella bellezza: tutto è a portata di mano. Bisogna soltanto riscoprirlo perché tutto è già intorno a noi e fruibile a costo pressoché zero; il costo di un caffè-

A poco più di trenta minuti di auto dalla provincia di Caserta si trova la bellissima cittadina di Sant’Agata de’ Goti (BN). Si trova in posizione sopraelevata e per raggiungerla ci si può arrivare attraverso diversi itinerari: per Caiazzo, Ruviano e Amorosi oppure per Limatola oppure ancora per i Ponti della Valle di Maddaloni, tutti percorsi poco trafficati ed interessantissimi, poiché ti permettono, in poco tempo, di passare da un paesaggio pianeggiate ad uno collinare. Già da Caiazzo o da Limatola via via sembra immergersi in un paesaggio simile a quello toscano tanto famoso nel mondo. Ne abbiamo, qui da noi, tra la nostra provincia e quella beneventana, uno similare e non l’apprezziamo nel modo dovuto. Ecco perché sono voluto andare nella contigua provincia, zona prossima ma gradualmente differente dalla nostra, con le sue caratteristiche ambientali, di costume ed architettoniche. Nella zona di mezzo delle due provincie noto il medesimo incantevole paesaggio, fatto di una campagna ubertosa in cui lunghissimi filari di viti ed immensi oliveti sono la nota caratterizzante che si offre alla nostra vista. Il periodo autunnale è quello più suggestivo, in cui si procede alla vendemmia ed alla raccolta delle olive. Le campagne sono affollate da alacri lavoratori che attendono ai lavori stagionali. In questo breve viaggio mi colpisce il fervore e la passione che i contadini pongono nel loro duro lavoro. I campi arati, nella nebbiolina del mattino, mi sono sembrati tanti vivaci e variopinti quadretti che aspettano soltanto che un’anima più sensibile delle altre li voglia trasporre su di una colorata tavolozza.    

Il centro storico di Sant’Agata de’ Goti si estende sulla sommità di una rocca di tufo e le abitazioni sono, in genere, costruite in tufo, proprio di quel materiale di cui è fatto il suolo su cui poggiano. Trattasi di un sito abitato fin dall’antichità, tant’è che gli storici stimano che il centro abitato sia sorto ove un tempo si trovava un’antica città sannita, quella denominata Saticula. Addirittura durante la seconda guerra sannitica (315 a.c.), la zona fortificata a difesa della locale popolazione dovette subire l’assedio dei romani. Le vicende storiche che afferiscono alla cittadina di Sant’Agata sono innumerevoli e non basterebbe un libro per rammentarle tutte in dettaglio. Ricordiamo soltanto poche cose: nel sesto secolo vi si insediò una colonia di Goti che, nel settimo secolo, subì la dominazione longobarda.

Le notizie storiche ed artistiche sulla città sono facilmente reperibili su internet, ma la rete non rende possibile far percepire l’atmosfera magica che si respira passeggiando per i suoi vicoli. Siccome la superfice della rocca non è eccessivamente estesa, le popolazioni che colà hanno convissuto hanno, nel tempo, edificato spesso al di sopra di siti già abitati nei secoli precedenti, con la conseguenza che un attento osservatore può cogliere pressoché dappertutto i segni tangibili ed evidenti di una stratificazione abitativa plurisecolare, certamente plurimillenaria. Forse è una delle poche città della Campania e dell’Italia dove nelle mura delle abitazioni si vedono qua e là incastonate tutte le tracce della sua vita passata. Si è costruito e ricostruito per migliaia di anni sempre nello stesso punto, per cui non è facile immaginare che sono state riutilizzate anche le stesse pietre che in precedenza, diversamente assemblate, avevano dato la forma al focolare delle generazioni trascorse. A Capua, nelle mura dei palazzi monumentali sono infisse molte pietre tombali tratte dal sottosuolo della campagna circostante o protomi provenienti dall’anfiteatro di Santa Maria C.V., perché la nostra cittadina è relativamente nuova rispetto alla Capua antica, l’attuale Santa Maria Capua Vetere. A Capua, le tracce più antiche della vita passata provengono dalle località viciniori, mentre a Santa Maria C.V. la vita passata è ancora tutta nascosta nel suo sottosuolo. Mi parve emblematica, per quest’ultima città, l’evento svoltosi qualche anno addietro, illustrativo della sua storia passata, recante il titolo “la città sotto la città”. Nelle vie di Sant’Agata de’ Goti si coglie l’anima della città, rimasta, nel suo intimo, immutata e sempre uguale a se stessa, nonostante il fluire dei secoli ed il continuo rimaneggiamento del suo aspetto esteriore. A Sant’Agata è, dunque, coglibile il continuum del passato e del presente, in un tutt’uno indissolubile, dove c’è effettiva corrispondenza tra gli strati più profondi del sottosuolo e, quindi, della vita passata, e quanto appare in superfice, segno della vita presente. E che dire della parte della cittadina che prospetta sul limite di una ripida parete tufacea, a strapiombo su di un profondo vallone; una suggestiva depressione del territorio che si apre all’improvviso su una delle porte di accesso alla città.

Si rammentano le chiese da visitare: Santa Menna, Sant’Angelo in Munculanis, del Carmine, Santa Maria di Costantinopoli, San Francesco.  Di rilievo sono anche i conventi: quello del Santissimo Redentore e quello di San Francesco. 

Assolutamente da visitare è il duomo, con cripta romanica, la cui antica ed originaria fabbrica risale al decimo secolo. Sottoposto a continue ristrutturazioni, presenta una grandiosa linea architettonica ed ospita pregevoli opere d’arte.               

La cittadina è meritevole di una visita da protrarsi anche in più giorni, per approfondirne le innumerevoli aree di interesse storico e paesaggistico; basti pensare che la cittadina di Sant’Agata de’ Goti conta anche sei frazioni e sedici contrade, anch’esse da visitare per la loro struggente bellezza e per le iniziative culturali e per quelle correlate alla locale tradizione, che vi si svolgono.  

Infine, non sono da sottacere le prelibatezze culinarie del territorio. Per il pranzo, in maniera del tutto casuale, mi sono intrattenuto nel ristorante “L’antro di Alarico” che si trova nei pressi del Duomo e che ho visitato per ultimo, i cui gestori, un uomo ed una donna, entrambi giovani, ci hanno preparato dei saporiti manicaretti davvero tipici e caratterizzanti della tradizione culinaria saticolina: portate eccellenti ed abbondanti -preparate con accuratezza- e ad un buon prezzo. 

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