Capua, CULTURA

CAPUA: IL “SILENO” IMPICCATO DI PIAZZA DEI GIUDICI

L’INSENSIBILITA’ VERSO LA BELLEZZA PUO’ OFFENDERE UN PREGEVOLE REPERTO ARCHEOLOGICO

Durante queste feste natalizie e di fine anno, i passanti hanno avuto occasione di notare, in Piazza dei Giudici, una singolare coreografia: una specie di collana, fatta di un cavo di gomma, cinge il collo di uno dei busti infissi sulla facciata del Municipio. La collana è costituita da un cavo elettrico, utilizzato per le luminarie della piazza, in occasione delle festività, attorcigliato più volte intorno al collo del busto di una divinità pagana, proveniente dall’Anfiteatro di Santa Maria C.V.. Secondo le indicazioni provenienti dagli archeologi di quell’anfiteatro, si tratta del busto di un Sileno barbato. Come è noto, oltre questo, ci sono protomi e busti di altre divinità e semidei e precisamente quelli di Giove, di Apollo, di Mercurio, nonché una maschera teatrale. Nella foto a corredo del presente articolo si può cogliere la corrispondenza tra il nome della divinità ed il busto che la rappresenta. Questi busti e protomi decoravano l’Anfiteatro Campano. Alcuni costituivano anche delle chiavi d’arco dell’imponente costruzione. L’operaio che ha provveduto ai lavori ha pensato di sistemare frettolosamente il cavo troppo eccessivo in lunghezza rispetto al bisogno, facendolo ruotare più volte intorno al busto del Sileno barbato, senza rendersi conto che in tal modo ha oltraggiato un importante reperto archeologico.

Il busto di Sileno

Se ci avesse pensato un poco di più, poteva avvolgerlo alle sbarre di una retrostante finestra. I turisti che vengono a Capua transitano quasi sempre per Piazza dei Giudici, il salotto della nostra cittadina, ammirando con curiosità ed ammirazione quei busti, cercando di coglierne il sotteso significato. Per noi capuani, habitué della piazza, i reperti in questione, magari, non esercitano alcun particolare fascino, ma per chi ci arriva per la prima volta, costituiscono una suggestiva attrattiva, anche per tutta la storia a cui essi rimandano. Probabilmente l’esuberanza di reperti archeologici ci rende insensibili alla grande bellezza.

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