CULTURA

RUBRICA: EVASIONE CULTURALE A CHILOMETRO ZERO E AD EURO UNO.

SEGUITO DEGLI ARTICOLI DEL 21 E DEL 28 GIUGNO 2021

Negli articoli del 21 e del 28 giugno 2021 focalizzai l’attenzione soprattutto sui bastioni e sui fossati di Capua, salvo un accenno al poligono detto degli armeggiamenti o Campo di San Lazzaro, luogo ben descritto da Giuseppe Buttà nel suo saggio “Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta”, quando raccontava, con dovizia di particolari, la battaglia fratricida del 19 settembre 1860, tra le truppe borboniche attestate nella fortezza capuana e le truppe garibaldine, ormai denominate Esercito Meridionale, dislocate tra Sant’Angelo in Formis, Santa Maria C.V. e San Tammaro.

I bastioni, i fossati ed il poligono sono stati rievocati per richiamare l’attenzione sull’importanza di quei luoghi sotto il punto di vista dell’architettura, delle vicende storiche più recenti che colà si svolsero e della conformazione della fortificazione militare della piazzaforte di Capua, ormai inadeguata, nel diciannovesimo secolo, in relazione alla maggiore gittata dei cannoni ad anima rigata che, proprio in quel periodo, avevano esordito sui campi di battaglia. 

Si disse negli scritti precedenti che si era parlato di quei siti in vista di una loro futura valorizzazione sul piano di un possibile rilancio turistico, previa bonifica dei luoghi, soprattutto dei numerosi bastioni, ormai non più riconoscibili a causa della fitta vegetazione che li sovrasta e li nasconde alla vista dei passanti. 

Nei giorni passati lo sfalcio dell’erba dei fossati ne ha già consentito un loro dignitoso, seppure parziale, recupero, poiché resterebbero da eradicare anche gli arbusti, soprattutto alberi di fico selvatico e rovi, che attecchiscono vigorosi sulle mura che dai fossati si innalzano verso i bastioni.

I bastioni ed i fossati sono, dunque, tuttora recuperabili e inseribili in un virtuoso circuito turistico, con una loro risistemazione, tuttora fattibile. Non altrettanto si può dire dell’ampia area denominata del Poligono degli armeggiamenti, oggi più nota come Piazza d’Armi, poiché la geografia di quei luoghi, come accennato negli articoli precedenti, è stata completamente stravolta, non più sussistendo attualmente quell’esteso piano di campagna, destinato alle esercitazioni militari, che il Buttà vide in occasione della battaglia del 19 settembre. Dai bastioni, da cui osservava i fatti d’arme, il suo sguardo, infatti, spaziava verso Santa Maria C. V., nulla incontrando con la sua vista se non il solo santuario di San Lazzaro e dei filari di pioppi, a quel tempo visibili nella zona ove oggi si estende il Rione Risorgimento.

L’area cosiddetta del poligono è oggi occupata da frutteti, in massima parte, dall’ex campo profughi, in considerevole parte, dall’area mercatale e da un rione di edilizia popolare, in minima parte, in prossimità della viabilità stradale adducente al centro cittadino. La zona in questione non si presta più, pertanto, ad un suo riutilizzo per la rievocazione delle vicende storiche della Battaglia del Volturno.   

 I meno giovani ricordano che nell’anzidetta area fino a diversi decenni orsono (circa cinquanta anni fa) si svolgeva una plurisecolare fiera -la fiera di San Lazzaro-, perdurante alcuni giorni, con afflusso di decine di migliaia di persone provenienti finanche dalle zone montane della provincia di Caserta. A quel tempo, nelle zone dell’alto casertano, le donne indossavano ancora degli abiti tradizionali, per cui, quando affollavano la fiera, venivano guardate con curiosità da noi capuani, che ci ritenevamo dei cittadini moderni: si trattava delle “pacchiane”, che non potevano non essere notate per il colore e la foggia dei loro vestiti, così diversi da quelli in uso alle donne della nostra cittadina. 

La fiera di San Lazzaro, salvo qualche timido tentativo di riportarla in vita, fa parte ormai della memoria collettiva della popolazione più anziana di Capua. Tra l’altro, non sarebbe neanche possibile riportarla in vita con i fasti del passato, in quanto le zone disponibili per un analogo impiego sono limitatissime.

Ho ricordato l’area della Piazza d’Armi perché anche altri importanti eventi della storia passata, che si svolgevano nella medesima zona, sono caduti irrimediabilmente nel dimenticatoio. Se per la fiera di San Lazzaro è rimasto qualche barlume di ricordo, per un’altra importante ricorrenza capuana non è rimasta neanche la memoria di essa.

Consultando i quotidiani di cui è ricca l’emeroteca del Museo Provinciale di Capua, mi sono trovato tra le mani il “Monitore Campano” del 30 giugno 1885, il cui cronista, che non si firmava, faceva un accurato resoconto delle “Corse a Capua”, riconosciute dal “Jochey Club”, nonché della fastosità e della magnificenza della Fiera di San Lazzaro. Non sapevo che, nel diciannovesimo secolo, nella nostra città avevano luogo delle importanti dispute ippiche. 

Il cronista spiegava anche il perché di quelle gare ippiche: “San Lazzaro è un santo ufficiale, e poiché, a’ suoi tempi, vagava tristemente a piedi, oggi, in Italia, è il patrono d’un ordine di cavalieri”

Nel reportage di allora c’è, invero, un accenno alla grandiosità della Fiera di San Lazzaro: “La festa di S. Lazzaro, un tempo, era l’accorrere dei votati per ….. i disgiungimenti della carne; la baldoria delle bische col mezzo religioso e il fine del tripudio; la fiera dei cavalli e ….. delle minori famiglie a quattro zampe; la bella mostra delle campanine seducenti, oh quanto! Col razzìo incrociato degl’occhi neri. E l’hanno tutte gli occhi neri le Campane”.

Dai pochi righi riportati emerge che la Fiera di San Lazzaro doveva costituire veramente un appuntamento irrinunciabile: vivaci attività commerciali, ruotanti intorno alla commercializzazione degli animali (principalmente cavalli, maiali e animali da cortile), si incrociavano con il vociare dei biscazzieri, anche allora sempre presenti presso le numerose bische, e gli sguardi languidi delle seducenti donne campane.

Il cronista volle, però, precisare che il profano finiva sempre col prevalere sul sacro; annotava, difatti, che “Al presente, la festa di San Lazzaro c’entra come gli eterni cavoli a merenda: è la stagione delle Corse, la Società Campana per le Corse Ippiche ne piglia occasione, e il Santo non avrà altro merito oltre quello dell’iniziativa”.

Per evidenziare l’opulenza e la pomposità della Fiera di San Lazzaro e delle gare ippiche che vi si disputavano, pressoché in contemporanea, si riportano soltanto alcune sintetiche ma compendiose notizie utili ad illustrarne la loro portata ed i tratti caratteristici.     

Le gare ippiche, nel 1885, iniziarono il 31 maggio. 

La prima corsa, Premio Capua lire 500, si svolse su di una percorrenza di m.1.500. Vinse il cavallo Otello, seguito da Fiammetta e Colombo.

La seconda corsa, Premio Volturno lire 1.000, per cavalli nati ed allevati in Italia, di anni tre ed oltre, si svolse alla distanza di m.2.000. Vinse Valsey, seguito da Veronica.

Fu disputata anche la corsa dei Gentlemen Riders, riservata ai cavalli di ogni età, razza e paese, premio un oggetto d’arte, distanza m.1.200. Vinse Vigettes, seguito da Elastica. 

Ebbero luogo anche le corse al galoppo, le corse di Hacks (Gentlemen Riders) e la corsa con salto di siepi; per quest’ultima gara vinse un ufficiale -Montrucchio- che cavalcava il cavallo Ebro. Il premio consisteva in un bel servizio da fumo, in pietra onice, donato dal Re. Al secondo posto si collocò un altro ufficiale -Gardini- che montava il cavallo Rapido. Il premio consisteva in un remontoir (orologio da tasca) d’oro.

Il reporter (nell’articolo consultato sul Monitore Campano i giornalisti venivano denominati con tale termine, cioè secondo la terminologia inglese) registrava che “alle corse di Capua v’era gran folla e quasi tutta l’èlite della cittadinanza Capuana, Sammaritana e Casertana. Tutti i gusti erano appagati da quello spettacolo e soprattutto poi il gusto estetico. …. Nel palco riservato si stava bene ed in pochi –v’era il Prefetto, il Sindaco di Capua, l’Intendente di Finanza, alcuni deputati provinciali, molti militari e tante altre persone distinte ed egregie. ….. La tribuna, che guardava tutto intero l’ippodromo, fatto con arte, aveva nel mezzo un palco per le Autorità, e s’estendeva a diritta e a sinistra, formando tre categorie di posti per gli spettatori. ….. L’ora delle corse è passata da un pezzo e l’ippodromo seguita a popolarsi di pedoni, che si fondono in una striscia lunga, assottigliantesi, svolgentesi in giro con cento flessuosità di immenso crotalo variegato. ….. Sono le cinque e mezzo, e, s’indovina, si va a rilento con un desiderio nel pensiero distratto; e quel desiderio si volge agli sportsmen  ed alle eleganti bellezze Partenopee, distolti dalla rivista di S.M. il Re, e trattenuti da quella festa patriottica e militare. Le corse avranno una nota brillante di meno”.

Alle gare ippiche presenziava anche una cospicua rappresentanza di giornalisti come emerge dalla cronaca ironica che rassegnò il reporter: “Sulla pista, di fronte alla tribuna riservata, si agita in mille guise un gruppo caratteristico con l’aria grave d’un mondo di faccende. E’ il quarto potere ….. e sono direttori di giornali, reporters veri e falsi, caricaturisti, che fissano le bellezze delle tribune e delle barriere, con lo sguardo insistentemente sicuro di chi compie un dovere; e tormentano le matite e le cartine volanti, e segnano schizzi, che probabilmente, niuno vedrà riprodotti, e pigliano appunti dei quali, in maggior parte, non verranno fuori articoli, e arrischiano motti, e vociano petulanti come uno stormo di passere chiacchierine”.

Solo per soddisfare la curiosità di qualche lettore, si fa conoscere che il sindaco del tempo, che assistette a quelle competizioni ippiche, si chiamava Garofano Salvatore e resse le sorti della città di Capua dal 1877 al 1887. 

La fiera di San Lazzaro e le gare ippiche che si tenevano, nel contempo, nella Piazza d’Armi richiamavano a Capua, per diversi giorni, innumerevoli visitatori. 

Le competizioni ippiche si disputavano alla presenza delle massime autorità cittadine e provinciali e dei parlamentari casertani. Presenziavano innumerevoli militari, tenuto conto che la nostra cittadina, oltre essere ricca di chiesa, ospitava decine di caserme, tutte ormai dismesse.

Nelle giornate delle gare aveva luogo finanche una rivista di S.M. il Re, con la programmata consegna di un prezioso dono elargito dal sovrano.

L’evento ippico era così importante da far affluire a Capua un nugolo di giornalisti di tutte le testate: veniva segnalata addirittura la presenza dei direttori dei maggiori giornali. Desta, infine, stupore, la locuzione “quarto potere” che il reporter ci ha lasciato nella sua pregevole e puntuale testimonianza: pensavo che fosse stata usata per la prima volta in un film americano della seconda metà del novecento, che circostanziava lo smisurato potere della stampa.     

Dopo la riflessione sui fasti di Capua, ritorniamo con i piedi per terra. Se la Piazza d’Armi non è più riutilizzabile per eventi pubblici di ampia portata, per l’indisponibilità di aree idonee, ci restano i fossati con la suggestione degli ampi spazi che su di essi incombono.

Si rammenta che soltanto qualche decina di anni fa, nei fossati furono tenute -però, soltanto per pochi anni- alcune manifestazioni ippiche che, in breve tempo, raccolsero un consenso unanime e caloroso, con benefica ricaduta sul piano della valorizzazione del territorio e, naturalmente, con riconosciuti correlati positivi riflessi sulle attività commerciali.

  C’è stato, dunque, un precedente molto positivo: bisognerebbe soltanto richiamare in vita quelle recenti manifestazioni ippiche e ricollegarle idealmente a quelle più fastose della seconda metà dell’ottocento. Nel medesimo contesto spaziale dei fossati, si potrebbe cercare di far ritornare in vita pure la Fiera di San Lazzaro anteponendola (o ponendola in successione temporale) magari alle competizioni ippiche, sulla falsariga di quelle del passato, che, non si manca ancora una volta di rimarcare, per il tempo in cui si tenevano, costituivano degli eventi eccezionali, addirittura di rilievo nazionale e con ricchi premi.

Confidiamo nel futuro!

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