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EDITORIALE. “NON PUÒ ESSERCI GIUSTIZIA DOVE C’È ABUSO, NON PUÒ ESSERCI RIEDUCAZIONE DOVE C’È SOPRUSO”, DRAGHI IN VISITA PRESSO IL CARCERE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE.

Fanno riflettere le parole del premier Draghi, giunto oggi in Terra di Lavoro in visita istituzionale presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Accompagnato dal Ministro della Giustizia Marta Cartabia, il Capo del Governo ha parlato di “rieducazione”, quale specifica finalità della detenzione, del rispetto dei diritti umani e della tutela della persona. Ha contrapposto, come in un gioco di luci ed ombre, l’osservanza dei principi della Costituzione all’esasperata deviazione delle regole, che – in un incredibile paradosso – ha visto i tutori della legge trasformarsi in criminali. “Non può esserci giustizia dove c’è abuso, non può esserci rieducazione dove c’e sopruso”, ha dichiarato Mario Draghi con consueta compostezza. Del resto, in merito ai fatti occorsi nel penitenziario sammaritano circa un anno fa, non c’è giustificazione che tenga. Tra gli operatori della Penitenziaria, c’è chi ha sbagliato ed è giusto che i responsabili paghino per i reati commessi. Parole forti, alle quali si sono aggiunte quelle del Guardiasigilli, che ha rivolto l’attenzione su formazione e potenziamento dell’organico in dotazione al Corpo delle guardie carcerarie. Tanti buoni propositi, tanti obiettivi, ma se c’è da parlare del comparto giustizia è necessario che i problemi siano – tutti – analizzati fino in fondo, senza preclusione alcuna. Così come gli agenti della Penitenziaria, pensino anche i detenuti – oggi martiri, ma un tempo stupratori, pedofili, rapinatori e assassini – a vergognarsi dei reati commessi. Non ci sono né vinti né vincitori. E ha detto bene Draghi quando ha sottolineato che non ci sono da celebrare “trionfi o successi, ma le conseguenze delle nostre sconfitte”. La colpa è di tutti, comprese le istituzioni. Carceri sovraffollate e le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i detenuti non sono l’unico problema della giustizia. Manca ancora personale nelle cancellerie, negli uffici amministrativi, nelle aule. I processi, che si arenano per anni sull’ultima udienza, sono troppo lunghi. Gli strumenti di deflazione del contenzioso civile, come la negoziazione assistita e la mediazione, stentano a decollare nel Meridione. La conseguenza? Molti cittadini, di fronte alll’alea e a una durata incerta di un processo, scelgono spesso di rinunciare ad un proprio diritto. E quindi, mi chiedo quale sia il senso delle belle parole, se di carceri ingolfate e di processi biblici ne sentiamo parlare da anni con consueta enfasi, ma con poca concretezza.

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