ATTUALITA', CULTURA

CAPUA. UN LUOGO SACRO DEVASTATO DALLA GUERRA, DIMENTICATO DAI CREDENTI E FAGOCITATO DAL DEGRADO

Ci accingiamo ad illustrare un luogo sacro ormai dimenticato del tutto, completamente rimosso dalla coscienza collettiva, in quanto appena visibile tra le erbacce ed i rifiuti solidi urbani. Si tratta di un’antica cappella retrodatante al diciottesimo secolo, dalla linea classicheggiante, sita nella ferace campagna della Campania Felix, al limite della cittadina di Capua e della località Carditello di San Tammaro. Il luogo sacro dista alcune decine di metri dalla carreggiata della strada SP 333, che da Capua adduce a Santa Maria la Fossa e poi a Grazzanise, proprio in prossimità del curvone ove si innesta l’arteria stradale che porta al Santuario della Madonna di Villa di Briano. Orbene la cappella in questione, prima che alla viabilità di quella località venisse data l’attuale conformazione, si trovava sul lato destro della strada che porta alla Reggia di Carditello, mentre adesso si trova sul suo lato sinistro. Essa, fino alla seconda guerra mondiale, era frequentata soprattutto dai contadini che, a quel tempo, erano particolarmente numerosi. Era abitudine di quella gente, semplice e dalla fede genuina, di farsi il segno della croce, colà transitando, e, spesso, anche trattenersi al suo interno all’occorrenza, per un breve momento di raccoglimento. Era tale l’importanza di quel luogo che, in essa, benché in aperta campagna, in alcune ricorrenze, nelle giornate festive e di domenica, veniva celebrata finanche la Santa Messa. Sulle carte topografiche il luogo sacro in questione viene denominato tuttora “Cappella Foresta”, perché in quell’area c’era una immensa foresta, poi sradicata del tutto durante il ventennio fascista. Era la cappella deputata ai servizi religiosi, in genere, delle numerose maestranze che gravitavano intorno alla Reggia di Carditello, che Carlo di Borbone aveva eletto a luogo privilegiato di caccia e di allevamento di cavalli. Anche Ferdinando IV coltivò un analogo interesse per Carditello. Il Real sito divenne così notissimo per l’allevamento di selezionate e pregiate razze di equini e per l’allevamento di bovini, con annessa industria casearia. E la Cappella Foresta, che per il XVIII ed il XIX secolo, aveva ben assolto la sua missione, continuandola poi nella prima parte del XX, vide l’inizio del suo tramonto verso la fine della seconda guerra mondiale, allorché la polveriera di Carditello esplose all’improvviso, per cause mai individuate in maniera certa, facendo registrare innumerevoli vittime, tra cui molti capuani, i cui nomi sono incisi nel marmo del monumento dei Caduti di Capua. Anche la cappella riportò ingenti danni, mai riparati nel dopoguerra. E di quel luogo, un tempo affollato dalle locali popolazioni, è rimasto in piede soltanto la struttura esterna, quale muto testimone di un irripetibile passato. Quanti dovessero fermarsi nei pressi della Cappella Foresta, per visionarla, debbono prima vincere la ripulsa per lo stato di abbandono in cui essa versa. Ciò che maggiormente colpisce i visitatori è un profondo senso di vuoto, essendo stata svuotata degli arredi sacri, con sottrazione pure dell’altare e di tutto quanto possa caratterizzare un luogo sacro. Su qualche tratto della muratura, sia all’interno che all’esterno, si coglie ancora qualche traccia dell’antica tinteggiatura: un vago e tenue rosso pompeiano. Si intravede, però, sul pavimento una traccia incontrovertibile da cui si può dedurre che quel luogo sacro ha visto una nuova vita: un materasso è stato adibito a giaciglio di qualche povero sventurato che non ha alcun tetto in cui ripararsi, verosimilmente un migrante che sopravvive con lavori precari nelle circostanti campagne. Da luogo dello spirito la “Cappella Foresta” è divenuta ancora di salvezza degli “ultimi” che neanche un tetto hanno per ripararsi, in un’area disabitata in cui, a vista d’occhio, non si intravede alcuna concreta possibilità di soccorso. Un evento bellico di portata epocale, il mutare delle abitudini umane ed il processo di secolarizzazione hanno portato all’oblio un luogo sacro che, per qualche secolo, ha rappresentato un polo di attrazione della religiosità rurale.

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