CRONACA, CULTURA

“Legalità e giustizia a Casal di Principe”, la riflessione di “Le Piazze del Sapere”

La vicenda dell’abusivismo edilizio a Casal di Principe è emblematica e rivela le contraddizioni sociali ed ambientali in cui da tempo versano città e territori della Provincia di Caserta (ma anche di tanti altri nella vicina area metropolitana di Napoli). Per queste ragioni va affrontata ed approfondita in tutti i suoi aspetti. Intanto non serve nascondersi dietro ai richiami sulle influenze della camorra, che permangono e vanno contrastate per affermare la legalità democratica in quei contesti, dove per decenni i problemi sono rimasti senza forme di governo adeguato e si sono acuiti con gravi e pesanti conseguenze per tutti/e. Le parole del sindaco Natale sono molto amare: “Non sono in grado di coniugare legalità e giustizia”. Esprimono con crudezza lo stato  di degrado e di debolezza  in cui si trovano gli enti locali, molto spesso senza risorse ma anche senza progetti e capacità di governo dei processi in atto.                                                                                             Dai dati che sono stati forniti nella conferenza stampa del sindaco emerge che solo a Casal di Principe (e nei comuni circostanti come Casapesenna e San Cipriano) sono sorte migliaia di case ed abitazioni costruite senza licenze, senza alcun controllo ed intervento da parte degli organi dello stato (a partire dai comuni). Una parte consistente del patrimonio urbano degli enti locali (soprattutto nella zona aversana e dintorni) sono cresciuti in dispregio di ogni regola. E qualcuno oggi cerca di trovare la giustificazione a tali fenomeni introducendo un concetto assurdo e fuorviante, quello di “abusivismo di necessità”. Invece sarebbe più utile e corretto fare un monitoraggio ed un censimento per cominciare a verificare quanti sono i comuni della nostra Provincia in regola con le normative urbanistiche, in quanti sono stati adottati dei piani regolatori (che oggi si chiamano PUCC). In questo modo verrebbe fuori una triste verità: tanti comuni, a partire da Casal di Principe, da decenni non sono riusciti a dotarsi di strumenti urbanistici, che sembrano delle chimere irrealizzabili, sottoposti a perenni rinvii.                                                            Lo stesso discorso si potrebbe fare in merito agli scarichi fognari per i quali risulta che solo pochi comuni sui 104 di Terra di Lavoro (come ha denunciato qualche anno fa il giudice Lembo in un incontro alla Feltrinelli) sono in regola con le normative per la depurazione delle acque reflue. A cui si aggiungono gli scarti ed i rifiuti liquidi prodotti dalle industrie e dai tanti allevamenti attivi nel  Basso Volturno. Da qui discende il disastro dell’inquinamento e dei veleni dei nostri corsi d’acqua (a partire dal fiume Volturno fino a canali dell’Agnena, del Savone e dei Regi Lagni) che si scaricano a mare, avvelenando anche tratti della costa domiziana. E poi ci sono i tanti casi di abusivismo degli allacciamenti per le forniture dell’Enel o del metano, su cui sarebbe necessario intervenire con un intervento congiunto del comune (in base all’anagrafe dei residenti) e le verifiche delle aziende fornitrici.                                                                                                                             In  questo contesto di vuoto di governo e di controlli si inserisce la camorra, che spesso opera con collusioni e connivenze con gli amministratori locali, anche attraverso forme spurie di consenso sociale e di sfruttamento delle risorse e dei beni pubblici, a danno della collettività e dei cittadini e della collettività che pagano i costi fiscali per far fronte a queste contraddizioni.                                  Per tutti questi motivi non ci sembrano convincenti le motivazioni del sindaco Natale che si è dimesso in modo plateale, con un segnale di debolezza e di resa. In questi casi non servono atti di pressione o provocatori nei confronti della magistratura e del governo. Spero che nei termini previsti Renato Natale – mio vecchio amico e compagno di tante battaglie per la legalità democratica – riveda la sua decisione per ritornare alla guida del comune e riprendere il percorso di riscatto sociale avviato con la sua amministrazione. Come ha sottolineato su Il  Mattino lo stesso Natale: “Appoggiamo la magistratura, ma dobbiamo trovare delle soluzioni, non è possibile utilizzare la demolizione come unico strumento per lotta all’abusivismo”. Di fronte al bisogno di alcune famiglie colpite dalle ordinanze di abbattimento non si può rimanere indifferenti, occorre aiutare e trovare delle soluzioni nell’ambito sociale di riferimento, anche con interventi speciali da parte della Regione e dello Stato. Così come non si possono scaricare solo sul comune le spese ed i costi ingenti del piano di abbattimenti. Bisogna contemporaneamente trovare soluzioni alternative per tutelare i diritti delle famiglie e delle persone più deboli e bisognose di aiuto per poter vivere in condizioni dignitose.                                                                                                                    In conclusione ci sembra giusta la determinazione con la quale la Magistratura ha avviato la sua opera di contrasto per cercare di ripristinare la legalità e la giustizia in quelle terre che per anni soso state etichettate come “terre dei fuochi e dei veleni”, o come “terra di Gomorra”.               “L’unica legge da rispettare era quella dei boss”. Condividiamo l’osservazione del sindaco Natale secondo cui per troppo tempo a Casal di Principe – come in tanti altri comuni della zona aversana – l’abusivismo è stata la regola imperante, in base a cui la camorra dettava legge sulla comunità (creando anche forme distorte di consenso sociale). Infatti, non si tratta solo delle case ma anche di altri servizi sociali, come l’Enel, il metano per i quali permangono allacciamenti abusivi in quantità scandalosa. Finalmente l’intervento della magistratura si mostra deciso ed ha cominciato a mettere un poco d’ordine, a porre dei freni  in quella foresta selvaggia dove le regole della civile convivenza, dei diritti e dei doveri nei confronti dei beni pubblici e comuni non valgono per tutti/e in egual maniera. Anche la giustizia fiscale e l’eguaglianza sociale in quelle zone sono ancora una chimera.                                                                                                                                                  A tal fine è necessario rilanciare anche il fronte di lotta con la ripresa di un movimento che veda insieme i comuni, le forze dell’ordine e dello stato, affiancato dalle associazioni del terzo settore (da Libera al Comitato don Diana, da Legambiente ad Italia Nostra, dal WWF al Consorzio Agrorinasce, dalle Acli, dall’Arci e dall’Auser, fino a quelle datoriali e sindacali, anche grazie ad una più incisiva campagna di carattere culturale ed educativo per affermare la legalità democratica (a partire dai giovani e dalla scuola). Così come avvenne alcuni decenni fa a Villa Literno dopo l’assassinio di JE Masslo e a Casal di Principe dopo l’uccisione di don Peppe diana sull’altare della sua chiesa.                                                           

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