CRONACA, CULTURA

ANIMUS CRIMINANDI: Wilma Montesi – il crimine irrisolto che generò il primo scandalo morale e politico dell’Italia repubblicana. (secondo episodio della rubrica avviata il 7 agosto 2021, cronaca)

 Il reggicalze ed i giornali (Primo episodio pubblicato su “Cronaca” il 7 agosto 2021)

In un’ulteriore raccolta di testimonianze da parte delle forze dell’ordine dell’epoca, compare la descrizione fatta di Wilma da una bambina che affermò di averla vista sulla spiaggia di Ostia intorno alle 18:00.  

Ora, ammesso che Wilma fosse riuscita a salire sul treno delle 17.30, come poteva essere ad Ostia alle 18:00? Altro mistero fu quello legato agli abiti, perché la Montesi si tolse il reggicalze, quando avrebbe potuto sganciare solamente le calze? Perplessi anche coloro che fecero attenzione allo stato del corpo. Come era possibile che dopo ben due giorni in mare, vi fosse ancora lo smalto sulle unghie?

A tutti questi ed altri quesiti, tentarono di dare risposta i giornali dell’epoca che, in pochissimi giorni, portarono alla ribalta il caso Montesi trasformandolo nello “scandalo del secolo”. Il 4 maggio del 1953, il giornale napoletano “Roma” parlò di non ben identificati testimoni che avrebbero visto Wilma in compagnia di un uomo a bordo di una Fiat 1900, poi ribattezzato “il biondino della 1900”, che si era arenata nella sabbia davanti alla tenuta di Capocotta, a metà strada tra Ostia e Torvaianica. 

Il “biondino” pareva essere molto somigliante a Piero Piccioni, figlio di un esponente della Democrazia Cristiana, al governo della nazione in quel periodo, ovvero di Attilio Piccioni, ministro degli Esteri e delfino di De Gasperi.

Nel mese di maggio del ’53, il giornale satirico il “Merlo Giallo” pubblicò una vignetta allusiva, in cui viene raffigurato un piccione che teneva nel becco un reggicalze; chiara allusione a Piero Piccioni.

In realtà, la vera svolta si ebbe nell’ottobre del 1953, quando il giornalista Silvano Muto pubblicò un articolo dal titolo “La verità sulla morte di Wilma Montesi” sul mensile “Attualità” in cui ricostruì diversamente l’accaduto da come avevano fatto le indagini degli inquirenti. 

Orge a Capocotta


L’articolo di Muto fu una bomba atomica! Parlava di festini con tanto di orge e uso di stupefacenti a Capocotta con l’individuazione di due persone che erano con Wilma Montesi quando questa ebbe un malore.

Sarebbero state queste figure a trasportare la ragazza sulla battigia di Torvajanica credendola morta, ma solo allora la ragazza sarebbe annegata. 

Muto venne immediatamente convocato dalla Procura di Roma e ritrattò tutto, venne denunciato per aver divulgato notizie false e tendenziose finendo sotto processo. In seguito, ritrattò nuovamente, facendo i nomi di due testimoni che lo avevano informato: Adriana Concetta Bisaccia e Marianna Moneta Caglio, “il cigno nero”, che fecero i nomi del marchese Ugo Montagna di San Bartolomeo, proprietario di una tenuta di Capocotta, e di Piero Piccioni.

La contessa Marianna Augusta Moneta Caglio Monneret De Villard, testimone di spicco del caso Montesi, fu soprannominata il “cigno nero” da Camilla Cederna per il suo lungo collo e per gli eleganti abiti scuri che era solita indossare e, particolare da non sottovalutare, ex amante del Montagna…

La nobildonna, molto probabilmente presente ai festini del marchese Montagna, raccontò tutta la vicenda in un memoriale che fu poi affidato nientemeno che a dei Gesuiti che, a loro volta, riuscirono a farlo arrivare ad Amintore Fanfani, allora ministro dell’Interno che convocò il colonnello dei Carabinieri, Umberto Pompei, affidandogli il compito di effettuare una vera e propria inchiesta per venire a capo dell’accaduto. 

Si tratta dello stesso Amintore Fanfani che era in lizza con Attilio Piccioni per la guida della DC, perché quest’ultimo non condivideva l’esito della soluzione triestina e molto probabilmente, perché era uno dei migliori difensori della C.E.D. Comunità europea di Difesa, filo-francese, il cui trattato era stato firmato il 27 maggio 1952 e vedeva la Francia diventare potenza egemone a capo di un esercito europeo non gradito a molti, francesi d’opposizione compresi, tant’è che fallisce nel maggio del 1954. 

Appare ora chiaro che vi fosse in atto un gioco internazionale che andava oltre l’affaire Montesi, ma che vide in quest’ultimo un ottimo strumento da cavalcare per eliminare una fazione democristiana.

Ma perché Fanfani si rivolse ai carabinieri e non alla polizia? 

Perché sembra che, tra gli “ospiti” del marchese Montagna a Capocotta, vi fossero anche alte personalità della Polizia, non a caso uscì la notizia che riguardava il capo della polizia dell’epoca, Tommaso Pavone, che secondo l’accusa, avrebbe volutamente depistato le indagini per coprire il Montagna stesso ed il figlio di Attilio Piccioni e non solo.

Nella Tenuta di Capocotta, infatti, pare non andassero solo i rampolli della Roma “bene”, ma anche esponenti politici di alto rango.

Una storia di cronaca nera è brutta, giusto, ma tanti depistaggi si potrebbero forse comprendere solo se si pensa alla remota possibilità che, in quella tenuta, si incontrassero anche l’Onorevole Piccioni senior, ministro degli Esteri, L’Onorevole Giuseppe Spataro, ministro dei Lavori pubblici ed anche lo stesso Mario Scelba, Presidente del Consiglio dei Ministri dal febbraio del 1954 al giugno del 1955.

Colpo di scena, ulteriore e non unico, in seguito alle rivelazioni del “Cigno Nero”, alias contessa “Annamaria” Moneta Caglio, nonché dell’indagine del colonnello Pompei, nel marzo del 1954 il tribunale di Roma riapre il caso Montesi affidandolo al giudice Raffaele Sepe e che tenne viva l’attenzione della nazione fino alla fine degli anni Cinquanta. 

Il Tribunale di Roma, tra l’atro, sospese il processo a Silvano Muto (segno della credibilità del giornalista) ed il giudice Sepe tornò a riesaminare orari, testimonianze del giorno della scomparsa della ragazza fino a percorrere personalmente la strada che avrebbe effettuato la Montesi per capire l’attendibilità dell’ipotesi del pediluvio. 

Ed a quanto pare i conti, come del resto i marchesi, non tornavano…

giudice Raffaele Sepe cominciò a notare quanto le testimonianze risultassero vaghe, la descrizione dell’abbigliamento fatto dall’impiegata del Ministero risultò, poi, essere diverso rispetto a quello che realmente Wilma indossava.

La bambinaia, Giovanna Capra, che vide Wilma aggirarsi con “aria interrogativa” sulla spiaggia libera di Castelporziano: aspettava qualcuno? 

Nel pomeriggio del 9 aprile, Wilma è ancora ad Ostia, tant’è che alle 19:00, parla con Pierina Schiano, la proprietaria dell’edicola dove la 21enne si fermò per comprare una cartolina, per il fidanzato a Potenza, cartolina che, però, non fu mai ricevuta dall’agente.

Anche l’ipotesi dello spostamento del corpo da Ostia a Torvajanica risultò inverosimile, la salma avrebbe dovuto spostarsi a una velocità di circa un chilometro all’ora ed anche con tutta la forza di una mareggiata, risultava altamente “improbabile”.

Infine, l’acqua e la sabbia tipica della costa rinvenute nei polmoni di Wilma, erano sinonimo di annegamento in un punto in cui l’acqua era molto bassa. 

Tutto ciò convinse nuovamente che l’ipotesi più plausibile fosse il “malore” ed il relativo abbandono sulla spiaggia effettuato da mister X (Piero Piccioni) con cui Wilma aveva trascorso la serata.

Lo scandalo fu tale che entrò nelle vicende politiche, portando alle dimissioni di Attilio Piccioni il 19 settembre, l’immagine del partito ne uscì gravemente danneggiata, tanto che già alla fine del luglio del ’53, Alcide De Gasperi non ottenne la fiducia del Parlamento.

Il 21 settembre, arriva il botto: a coronamento delle dimissioni del ministro Piccioni, il figlio Piero ed Ugo Montagna vengono arrestati con l’accusa di omicidio colposo; mentre quello ormai divenuto ex questore di Roma, Saverio Polito, riceve un mandato di comparizione per depistaggio.

Molto interessanti, per una visione d’insieme della situazione socio-politica italiana di quei momenti, è quanto detto, oltre a Nenni e Togliatti, dall’Onorevole Gian Carlo Pajetta durante la seduta sul voto di sfiducia al Governo Scelba della Camera il 30 settembre del 1954 :  “E questo dimostra che, indipendentemente dal giudizio, indipendentemente dal fatto che Montagna possa essere un complice nell’assassinio, egli è stato un complice in loschi affari, in favoritismi politici, in lucri illeciti: questo è già stato dimostrato, e nemmeno la benevolenza dell’inchiesta De Caro lo ha potuto cancellare.”

Non volendo fare pettegolezzi da comare o il moralista del momento, era tuttavia certo che, nell’enorme tenuta di Capocotta, avvenivano orge, vi era consumo di droga e dove si incontravano politici, uomini di affari e parte del jet set dell’epoca della Roma ricca, cristiana e non, dell’epoca. 

Questo ci fa certamente supporre, con dovuta fondatezza, che Wilma Montesi, appena 21enne, dietro fatue promesse di una carriera cinematografica, sia stata risucchiata dalle sabbie mobili di un mondo sbrilluccicante fatto di danaro, sesso, droga e politica grigia che, ahimè, le costò la vita.  

Continua 2…

( Il Processo – Alida Valli – Conclusioni)

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