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LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE…di Don Franco Galeone

8 settembre ✶ XXIII domenica del tempo ordinario (C)

Ha fatto bene ogni cosa!

Prima lettura (Is 35,4-7) Il verbo ebraico “ascoltareשׁמע” ricorre ben 1159 volte nell’Antico Testamento, ed è spesso riferito a Dio, che ascolta le preghiere, il pianto, il lamento del popolo (Es 22,26). Isaia si rivolge agli ebrei deportati in Babilonia e promette loro un futuro radioso e lo fa con immagini dolcissime. Poi c’è l’esortazione alla speranza:“Coraggio! Non temete !ַ אל־ִתי רא וִחְז֖ק ו”e infine la descrizione del futuro: i ciechi vedranno, gli orecchi si apriranno, lo zoppo salterà, il muto griderà di gioia, il deserto diventerà una sorgente (v.5). Non solo gli uomini ma tutto il creato partecipa alla gioia finale.

Dal Vangelo (Mc 7,31,37) Dei quattro evangelisti, Marco è quello che racconta i fatti in maniera molto vivace e popolare; si intuisce con facilità che dietro la sua parola scritta c’è qualcuno che racconta a viva voce, attingendo al serbatoio della memoria, cioè l’apostolo Pietro. Premesso che Gesù si adegua alla mentalità del suo tempo, osserviamo:

✻ il malato non è un sordomuto ma un sordo che parla a fatica; questo significa il termine greco molto raro μογιλάλον; potremmo tradurlo oggi con sordo balbuziente;

✻ al tempo di Gesù (e ancora oggi per molti!) tutte le malattie erano considerate un castigo di Dio ma la sordità era addirittura una maledizione, perché impediva di ascoltare la Parola di Dio;

✻ il sordomuto non si presenta da solo, ma viene accompagnato da alcune persone; con questo, l’evangelista Marco ci vuole dire che per arrivare a Gesù è necessario che qualcuno ci aiuti;

✻ il miracolo avviene lontano dalla folla e alla fine Gesù ordina di non raccontare nulla a nessuno. Gesù aveva ancora in mente quanto abbiamo sentito qualche domenica fa: l’equivoco della folla che davanti alla distribuzione del pane lo voleva fare re!

Effatà (Εφφαθά) è una parola aramaica e significa apriti! Non è rivolta all’orecchio ma all’uomo: è l’invito a spalancare le porte del cuore e lasciar entrare Gesù. rivolto a ciascuno di noi.

Effatà … Apriti! La parola aramaica Effatà è centrale nel racconto evangelico del sordomuto. E’ un imperativo, e indica l’efficacia della Parola di Gesù, simile a quella di Dio creatore. Gesù fa sul malato delle azioni a prima vista magiche: mette le sue dita sulle orecchie sorde, tocca con la sua saliva la lingua muta, emette un sospiro guardando il cielo; si tratta di gesti terapeutici arcaici, testimoniati sia nel mondo romano che in quello giudaico. Ma ecco quell’imperativo di Gesù: “Apriti!”, che segna l’irruzione di Dio nella vita. Il nostro errore è quello di pensare che i protagonisti siamo noi, sia nell’ascolto che nella parola. Questo Vangelo ci ricorda che Uno solo è capace di guarirci dal nostro mutismo e dalla nostra sordità. Senza l’incontro con Gesù, nonostante le apparenze di loquacità e di auditività, noi tutti siamo dei poveri sordomuti. Molte volte la Bibbia descrive la situazione del popolo ebraico come sordo e muto all’ascolto di Dio; naturalmente l’iniziazione alla fede viene descritta come una guarigione dalla nostra sordità e dal nostro mutismo. Perciò il rito del battesimo si conclude con questo augurio: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di udire presto la sua Parola”.

Buona vita e buone vacanze!

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