Capua – Le rendite della Chiesa e dell’Ospedale di San Lazzaro, mercé delle misure adottate dai papi Niccolò III, Clemente IV e Paolo II, furono esentate da qualsivoglia aggravio fiscale; un altro papa, Pio IV, dispose che tutte le chiese, le cappelle, gli oratori e gli ospedali edificati e costruiti in qualsiasi luogo, in nome del medesimo Santo, fossero sottoposti sotto il dominio e la potestà del Gran Maestro che aveva addirittura l’autorità, in caso di disobbedienza, di poter ordinare la loro demolizione. Insomma, secondo lo Jannotta, gli amministratori della Chiesa e dell’Ospedale di San Lazzaro riconoscevano come loro “legittimo Superiore” il solo Pontefice; il Gran Maestro poteva finanche “ponteficalmente celebrare e benedire il popolo”. E i Cavalieri di San Lazzaro si distinguevano da tutti gli altri “al segno d’una croce verde, che sopra veste bianca ciascuno di loro
portava”. Poiché sussistevano delle incertezze sul culto celebrato, lo Jannotta cercò di capire quale fosse il San Lazzaro in nome del quale si soccorrevano gli ammalati ed al cui indirizzo erano rivolte le preghiere dei fedeli. Tutto nasceva dalla constatazione che nella detta chiesa erano raffigurate immagini non sempre uguali di quel santo, tra l’altro molto differenti tra di loro. Infatti, sull’altare maggiore, al tempo in cui lo Jannotta visitava la chiesa in questione, si poteva ammirare l’immagine di Lazzaro risuscitato dal Signore, dipinta in un quadro di tela, ed in un altro sito del medesimo luogo sacro si potevano scorgere le sembianze di Lazzaro Mendico ed impiagato, quest’ultima immagine riprodotta, però, in legno, e collocata a destra dell’altare maggiore. Jannotta era convinto che la chiesa in menzione fosse stata dedicata a San Lazzaro Vescovo e Martire fin dalla sua fondazione, deducendo ciò dall’immagine riprodotta nel quadro posto sopra l’altare maggiore, che esprimeva, per l’appunto, quel santo uomo che il redentore, traendolo dal sepolcro, aveva richiamato a nuova vita. Vedeva confermata tale convinzione nelle tavole dipinte sulla volta della chiesa , dove era rappresentato San Lazzaro in abito di vescovo, mentre supplicava Gesù Cristo affinché intercedesse a favore degli storpi e degli impiagati. Il tutto gli veniva confermato dalla circostanza che le messe in quella chiesa fossero celebrate in onore di quel Santo. Nella chiesa, però, c’erano anche le immagini di San Lazzaro mendico, oltre che del San Lazzaro risuscitato. I fedeli più acculturati si domandavano a quale dei due santi fosse stata
dedicata la chiesa. Il popolino, invece, non si poneva affatto il problema circa il Santo a cui
rivolgevano le proprie preghiere e suppliche. Anzi, i fedeli, per le devozioni e per le grazie, si rivolgevano indifferentemente sia all’uno che all’altro Santo, con la conseguenza, nell’immaginario collettivo, di fonderli in una unica figura religiosa. Una ulteriore situazione d’incertezza si aggiunse nell’anno 1691, allorché una donna proveniente dal napoletano, per grazia ricevuta, donò alla chiesa una statua in legno riproducente l’effige di San Lazzaro Mendico, unitamente ad una statua di Santa Maria Maddalena penitente. Soprattutto a seguito di questo evento il culto per San Lazzaro Mendico finì con l’accrescersi e consolidarsi. I devoti che accorrevano per supplicare il San Lazzaro Mendico erano talmente numerosi da indurre gli amministratori del complesso religioso a
distribuire pure le sue immagini, oltre a quelle del San Lazzaro Vescovo e Martire. Jannotta
annotava, a compendio delle sue argomentazioni, che quella “usanza andò sempre mai
crescendo, e si prosiegue tuttora. Sicchè confuso il culto e la venerazione verso di entrambi, non
sapeasi già distinguere dal più della gente a quale dei detti Santi fosse la Chiesa dedicata, e come accoppiati insieme si trovassero”.
Prima del 1691, anno in cui venne collocata la statua di San Lazzaro Mendico, la festa di San
Lazzaro, come ha annotato Jannotta, fu una “festa di poco grido e di concorso mediocre”, cioè
senza eccessivi affollamenti e partecipazione popolare al culto del San Lazzaro, resuscitato di
Gesù. In seguito alla collocazione della statua di San Lazzaro Mendico, la devozione dei fedeli per
quella chiesa e per quel santo in particolare si accrebbe in maniera esponenziale, con un
stupefacente concorso dei capuani e di innumerevoli pellegrini, al punto che lo Jannotta
annotava “che francamente può dirsi esser già divenuta ai giorni nostri una delle feste più solenni e famose, che nel Regno ci sieno”. L’affermazione dell’autore del testo retrodata all’anno 1762, data di pubblicazione del suo libro, ed il regno a cui l’autore alludeva nel testo era il Regno borbonico. Chi oggi, in questo primo scorcio del XXI secolo, è più avanti con gli anni ricorderà che fino agli anni ’50 e ’60 del decorso secolo, la chiesa di San Lazzaro registrava ancora gli strabocchevoli afflussi di fedeli e di pellegrini provenienti dall’intera regione ed anche oltre, con lo stesso entusiasmo, devozione e corale partecipazione, di cui lo Jannotta fu testimone oculare. Con gli anni, infatti, il culto di San Lazzaro (mendico) si era consolidato e divenuto notorio pressoché ovunque in buona parte dell’Italia meridionale.
FINE TERZA PARTE (LA SECONDA PARTE E’ STATA PUBBLICATA IL 5 GENNAIO 2025)
