CASERTA – Dal 29 aprile al 2 settembre dell’anno in corso, presso l’Archivio di Stato di Caserta, nella nuova sede di palazzo reale, è stata tenuta la mostra “La Reggia liberata. L’occupazione militare alleata, la resa tedesca, la restituzione all’Italia (1943-1947)”. La mostra, come previsto, ha avuto un notevole successo di pubblico, soprattutto nella fase iniziale, in quanto ha richiamato numerosi visitatori, segnatamente di quanti sono interessati alle vicende belliche del secondo conflitto mondiale, che hanno avuto luogo, sia pure indirettamente, nel Palazzo reale, monumento che rappresenta la città di Caserta in tutto il mondo, della quale promuovono ovunque la sua immagine. I visitatori hanno avuto la possibilità di poter visionare innumerevoli documenti e fotografie riguardanti l’occupazione “militare” da parte degli alleati del complesso vanvitelliano, nel periodo che va dal 1943 al 1947, anno in cui esso fu formalmente restituito all’Italia. Nella mostra sono state esposte le foto degli ufficiali che, il 29 aprile 1945, firmarono la resa tedesca.

La visione delle foto consente di cogliere, quasi icasticamente, il momento in cui si chiudeva un conflitto mondiale dalle immani e tragiche conseguenze. Dalla parte tedesca gli ufficiali sottoscrittori furono presenti in abito civile, quasi a voler nascondere il disagio dei perdenti, mentre quelli delle forze alleate americane ed inglesi erano impettiti, in divisa, ostentanti l’orgoglio dei vincitori. La Reggia, dunque, è stato il luogo dove gli Stati belligeranti hanno concordato la fine di quell’immane conflitto in Europa ed i libri di storia la ricorderanno sempre per essere stata muto testimone di quel solenne momento, in cui la ragione prendeva il sopravvento sugli spiriti guerreschi, ponendo la parola fine al nazifascismo. Per ben quattro anni il Palazzo reale fu, dunque, sede del “Quartiere generale alleato per il Settore Mediterraneo” e ben si può immaginare che, nel quadriennio dal 1943 al 1947, proprio nel complesso vanvitelliano furono decisi i destini del continente europeo. Molti tra i documenti esposti provengono dal “National Archives and Records Administration (NARA)”, ovvero dall’agenzia indipendente del Governo federale degli Stati Uniti d’America, deputata alla conservazione ed alla custodia del materiale di rilievo sotto il profilo storico. Un attento osservatore, soprattutto se conoscitore della lingua inglese (molti documenti, infatti, sono in inglese) può prendere conoscenza di notizie inedite o poco conosciute comprovanti il clima di quel periodo storico e lo sforzo di uomini, oggi ignoti ai più, che hanno dato tutto se stessi per la salvaguardia del prezioso patrimonio artistico della Reggia. Si trattava dei funzionari ricoprenti gli incarichi dirigenziali, come il direttore ed il consegnatario dei beni della Reggia, che rimasero diuturnamente sul posto di lavoro, quasi come se osservanti volontariamente un periodo di lunga ed ininterrotta permanenza: tanto era l’amore per il loro lavoro da aver inteso come una missione la tutela della Reggia, sentita quasi come una cosa propria, più importante della loro stessa vita e valutata di un incommensurabile valore, tale da trascurare finanche gli affetti dei loro familiari. Una figura di rilievo in quella tragica circostanza fu senz’altro quella del Direttore della Reggia –Francesco Noce-, il quale fin dal 1941 cominciò a registrare in maniera puntigliosa quanto avveniva in danno del complesso vanvitelliano. Nel novembre di quell’anno registrò i bombardamenti che danneggiarono il parco reale, i dintorni della cascata e la tenuta di San Leucio, evidenziando che le incursioni aeree aumentarono nel mese di agosto del 1943, quando il 20, e, soprattutto, il 27 successivo, ben 53 aerei del 17° e del 319° gruppo delle forze aeree alleate bombardarono la stazione di Caserta, una parte dell’emiciclo vanvitelliano, antistante la Reggia, sede del X° Artiglieria “Generale Pollio”, l’ospedale cittadino, la chiesa di Sant’Anna, diversi edifici civili, il complesso dei salesiani ed il ricovero Ricciardelli, provocando decine di vittime. Di riflesso, per lo spostamento d’aria causato dalle esplosioni, i vetri di molte finestre della Reggia, antistante la stazione ferroviaria, andarono in frantumi. Il peggio, però, in danno del complesso vanvitelliano, doveva ancora avvenire, poiché il 16, il 17 ed il 24 settembre del 1943, cioè a diversi giorni dalla firma dell’armistizio tra l’Italia e gli alleati, ebbero luogo ulteriori bombardamenti, che, pur avendo quale obiettivo principale le strutture militari e logistiche, compresi i ponti, finirono con l’arrecare ingenti danni alla Reggia, in particolare alla Cappella palatina, ai cortili interni, nonché alle sovrastanti coperture. Il direttore Noce, sempre attento alla gestione museale, aveva lamentato che, già dal 1942, i militari tedeschi erano soliti fare delle intrusioni nel parco reale, nel giardino inglese e nel bosco di San Silvestro, che si distende sulla parte sommitale della cascata. Anche nella previsione più fosca il Noce non avrebbe giammai immaginato che, dopo poco tempo, la Reggia avrebbe accolto il Quartiere Militare Alleato, con tutto quello che poi ne sarebbe conseguito. Il direttore Noce fu, innanzitutto, ridimensionato nella sua funzione, mentre il personale di servizio alla Reggia, pur perdurando nella sua mansione, venne di fatto cogestito con gli alleati. Gli spazi museali furono destinati all’accoglienza logistica di cinque comandi supremi, cioè l’A.F.I. (Allied Forces in Italy), il M.A.F. (Mediterranean Air Force), il T.A.F-. (Tactical Air Force), la 5th Army (Quinta Armata) e l’A.R.C. (American Red Cross). A decorrere dal mese di luglio del 1944, il complesso vanvitelliano accoglierà addirittura l’A.F.H.Q. (Allied Forces Headquarters), cioè il Comando Supremo alleato del Mediterraneo, in precedenza stanziato ad Algeri. Di lì a poco la Reggia accoglierà pure il M.T.O.U.S.A. (Mediterranean Theater of Operations US Army). Le notizie più significative circa quanto avvenne nei quasi quattro anni di occupazione della Reggia da parte delle truppe alleate si può dedurre da un documento, stilato in sei pagine, in lingua inglese, a firma del capitano Mason Hammond, della Division of Monuments Fine Arts and Archives, Amg Afi, datato 19 gennaio 1944, col quale l’ufficiale, incaricato dell’ispezione, eseguita nei giorni 17 e 18 gennaio 1944, delle parti del Palazzo Reale occupato dagli Alleati, in via preliminare, precisava che l’amministrazione del Palazzo Reale di Caserta “ricadeva su due teste” (Fell under two heads): l’Accademia dell’Aeronautica Reale (The Royal Aeronautical Academy) e il Palazzo vero e proprio (Palace proper).


Dell’intero complesso veniva riportata la suddivisione degli spazi riservati all’allora Accademia Aeronautica e di quelli attribuiti alla competenza dei beni culturali ed artistici. Poi procedeva alla puntigliosa registrazione degli ambienti del Palazzo Reale occupati dai vari comandi militari alleati, nonché degli spazi destinati alla custodia di materiali e di beni di pregio artistico. Quell’inventario aveva lo scopo di responsabilizzare i comandanti dei vari reparti circa l’uso degli ambienti di cui erano assegnatari, anche in relazione a potenziali ammanchi. Si dava anche atto che la Cappella reale veniva usata quale deposito di mobili e che occorreva sbarrare le finestre con assi di legno. Anche l’ambiente dove era allogato il Presepio era destinato a deposito. Erano utilizzati come deposito pure gli appartamenti di Francesco II e la sala del trono, compreso lo spazio antistante. Si puntualizzava che la Croce Rosa degli Alleati aveva prelevato dai suoi ambienti originari diversi dipinti, impiegati, unitamente al mobilio ugualmente prelevato dagli appartamenti reali, per arredare gli spazi ad essa destinati. Fu rilevato che, nella fase iniziale dell’occupazione del complesso vanvitelliano, i reparti inglesi avevano prelevato un bel po’ di mobilio senza alcuna forma di controllo (The original occupants of the Palace ….. chiefly British, who are said to have removed a good deal of furniture without any control). Nel contempo , con rammarico, annotava che non era stato ancora fatto un inventario del mobilio utilizzato per le esigenze dei militari occupanti, ma che occorreva provvedervi. L’ufficiale alleato incaricato dell’ispezione registrò anche che il Conservatore dei beni della Reggia –Salvatore Battaglia- gli aveva riferito di aver stimato che, negli ambienti del Palazzo Reale, risultavano giacenti meno della metà dei beni artistici costituenti l’arredo originario. Dopo aver appreso dal Battaglia che parte degli arredi e dei mobili provenivano anche dal Palazzo Reale di Napoli e che di essi non si era ancora proceduto all’ inventario concordava sulla necessità di farlo allestire, per darne copia agli uffici interessati. Il verbale d’ispezione, per chi ha buona memoria, consente di rievocare un evento verificatosi diversi decenni orsono, allorché il Presepio della Reggia fu oggetto di un ingente furto che ebbe curiosamente luogo ad alcune settimane di distanza dalla pubblicazione di un articolo sulla rivista francese “Le Figaro”, che, nell’illustrarne la sua composizione, lo stimava il più importante del mondo o tra quelli di maggiore pregio. Orbene, il Capitano Mason Hammond, in sede di rendicontazione di quanto visionato, aveva rilevato che il Presepio era stato forzato, con conseguenti danneggiamenti e sottrazione di alcuni componenti, tra cui due piccoli leoni in bronzo (In recent days the Presepio has been broken into and two small broze lions taken). Il verbo “to break into” corrisponde all’italiano forzare oppure mandare in frantumi, per cui non è da escludere che intendesse parlare proprio di componenti del Presepio mandati “in frantumi”. Dalla ricognizione dell’ufficiale delle forze alleate abbiamo, quindi, dedotto che, in passato, il Presepio era stato già in parte depredato e che aveva suscitato pure gli appetiti degli illustri ospiti.
Oltre alla segnalata incursione al Presepio, il capitano Hammond , nel medesimo contesto, si pregiava di annotare pure il forzamento degli appartamenti di Francesco II e che il quadro riproducente una scena del Don Chisciotte era stato sottratto (Also the apartaments of Francis II have been broken and a painting of a scene from Don Quixote taken). Nella parte finale del verbale d’ispezione, l’attento ufficiale faceva, altresì, rilevare che non era stato usato alcun riguardo nell’installare cavi telefonici ed elettrici, fissati alle pareti con chiodi, anche forando coperture di seta o traforando porte; in alcuni casi, aveva notato che dei ganci erano stati applicati pure sui dipinti, forandone talvolta la copertura di seta. In relazione a quanto riscontrato, il capitano ispettore della Commissione dei beni culturali, insediata dalle Forze alleate, raccomandava l’apposizione di avvisi di divieto di accesso ai locali adibiti a deposito dei vari beni ed arredi artistici, non mancando di evidenziare la necessità di dotare gli ingressi di porte robuste e di far riparare le finestre (It is recommended that stronger doors be build and that windows be repaired in all rooms used for storage. It is recommended that strong OFF Limits notices be prepared for all rooms used for storage). Segnalava, altresì, la necessità che i beni oggetto d’inventario fossero attentamente verificati, allo scopo di evitare la sostituzione di essi con altri simili, ma di minor valore. Giustificava, infine, le criticità riscontrate ad un duplice ordine di cause: la necessità di spazi adeguati ai vari comandi e la mancanza di un ufficio centralizzato deputato alla loro assegnazione, proponendone conseguenzialmente la relativa istituzione: il cosiddetto “Central billeting authority”. Molto interessante una annotazione del Direttore della Reggia –Francesco Noce- che di proprio pugno, a penna, appuntava che “….. gli ufficiali dell’Accademia miravano (?) a far occupare gli appartamenti reali dalle truppe alleate; le prove sono evidenti, avendomi gli ufficiali stessi lasciato comprendere che gli alleati avrebbero proceduto a tale occupazione e il Colonnello Cacciola ebbe perfino ad esortarmi –con viva insistenza- perché avessi io stesso proposto l’occupazione che del resto avrebbero fatto di autorità; così, mi diceva il Cacciola”). Lo stralcio espunto dallo scritto del Direttore della Reggia, alla vigilia dell’occupazione degli appartamenti reali, lascia trasparire l’atmosfera che si respirava a quel tempo: c’era chi cercava di evitare guai peggiori in caso di resistenza alla richiesta della disponibilità del Palazzo reale e chi, invece, era tentato ad opporre un fiero diniego, sebbene consapevole di essere perdente in partenza. Negli ambienti in cui è stata allestita la mostra sono state esposte numerose foto d’epoca in cui sono ripresi i militari delle Forze alleate, tra cui di quelli del 51° Signal Battalion Radio School impegnati nelle lezioni per l’apprendimento dell’uso del trasmettitore per l’invio automatico dei codici segreti e per la loro comprensione, nella fase della ricezione, e dei militari del genio nel corso delle ordinarie esercitazioni, come la posa di ponti galleggianti nelle vasche, per farvi transitare pezzi di artiglieria. Innumerevoli foto, invece, ritraggono militari –uomini e donne – in posa nei pressi dei gruppi scultorei più noti e, finanche, su di essi. Molto suggestiva una foto in cui si vede un militare inginocchiato in una peschiera mentre un altro gli versava dell’acqua in testa. Solo la didascalia riesce a dare un senso a quella foto: concerneva, infatti, un Battesimo secondo il rito battista. Tra i militari in divisa, ritratti nelle foto, si notano moltissime donne, segno di una consolidata emancipazione femminile, ancora sconosciuta nelle forze armate italiane del tempo. Una preziosa testimonianza del direttore della Reggia –Francesco Noce-, circa i danni subiti dal complesso vanvitelliano durante i bombardamenti, è contenuta in una missiva del 14 ottobre 1943, da egli indirizzato al Soprintendente ai Monumenti di Napoli, nella quale gli riferiva dei gravi pregiudizi arrecati alla Cappella Palatina, con “danni gravi dappertutto, così nel Parco come al giardino ….. con sottrazione di oggetti”, soprattutto in occasione dei bombardamenti del 24 settembre del 1943 (dunque, diversi giorni dopo l’armistizio) e che, nella circostanza, era rimasto ferito anche l’ass. cav. Giuseppe Noce, il proprio fratello, scampato miracolosamente alla morte. Interessante anche un’altra lettera autografa, questa volta riservata, che il direttore Noce, in data12 gennaio 1944, indirizzava ugualmente al Soprintendente ai Monumenti di Napoli con la quale gli compartecipava di essere stato sentito sotto giuramento, unitamente al consegnatario Salvatore Battaglia, circa la condotta tenuta in precedenza dai militari tedeschi ed in particolare se essi avessero “arrecato danno al palazzo e se avevano asportato oggetti”. Nella missiva è riportata anche la risposta fornita: “Specificai che i Tedeschi hanno usato sempre il massimo rispetto, sia del Palazzo che degli oggetti d’arte e che solo dopo l’armistizio si dettero al saccheggio”. La mostra concernente l’occupazione degli ambienti del complesso vanvitelliano, da parte delle forze armate alleate, nel corso del secondo conflitto mondiale, per la ricchezza degli elementi esposti, per essere molti di essi anche inediti, meriterebbe ben altro approfondimento rispetto alle poche riflessioni contenute nel presente sintetico articolo, che, tra l’altro, è corredato di foto non sempre di buona qualità, ricavate da quelle esposte anch’esse, in genere, non di accettabile fattura, trattandosi di fotogrammi datati.
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