CAPUA – La “Montagna spaccata“ di Gaeta è conosciuta pressoché da tutti, soprattutto nelle regioni Lazio e Campania, per l’incomparabile bellezza del luogo e per la suggestiva storia che rimanda
all’impronta di una mano prodigiosamente impressasi nella dura roccia della montagna a seguito
della blasfemia di un marinaio turco che su di essa l’aveva appoggiata (in foto i dettagli).
Le comitive di turisti che colà vi affluiscono in auto o in autobus debbono affrontare una discesa ed una salita non tanto agevole per visitarla, soprattutto nel periodo estivo ed in quello invernale. L’attenzione dei visitatori è, dunque, rapita innanzitutto dal panorama che si apre alla vista allorché si giunge sulla
sommità della “Montagna Spaccata”. La magia del sito, facendo concentrare l’attenzione
soprattutto sulle magnificenze naturalistiche, in qualche modo distrae da altri elementi, pur essi
significativi che lo connotano. Gaeta fu soprattutto una piazzaforte militare: proprio nelle
adiacenze della “Montagna spaccata” si sviluppava un notevole complesso militare fortificato,
tuttora esistente, articolato in diverse strutture sopraelevate rispetto alla quota del mare che
consentiva di tenere sotto controllo tutta l’area marittima antistante, fin oltre il fiume Garigliano.
Per rendere un’idea dell’imponenza di quella piazzaforte si riportano le denominazioni delle
batterie e dei depositi colà ubicati: Batteria Monte Orlando, Comando Batteria Monte Orlando
Superiore, Batteria Monte Orlando Inferiore, Depositi batteria Monte Orlando inferiore, Polveriera
Trabacco, Batteria Trabacco, Polveriera Ferdinando, Polveriera Carolina, Comando Polveriere,
Batteria Regina, Batteria Transilvania, Ridotto Trinità-Batteria Malladrone, Batteria Denti di Sega,
Ridotto Cinque Piani e Batteria Piattaforma, Batteria Philippsthal e Rivellino, Batteria S. Andrea e
Falsabraca S. Andrea. Nell’area di Monte Orlando, oltre il santuario della “Montagna Spaccata”,
con la “Grotta del Turco”, insistono altre strutture artistiche di rilievo, come il Mausoleo di Lucio
Munazio Planco, la statua di Maria Ausiliatrice ed il Santuario della SS.ma Trinità. Delineata la
geografia dei luoghi, omettendo di trattare della Montagna Spaccata e della Grotta del Turco, che
sarà oggetto di un ulteriore articolo, ci limitiamo a spiegare come mai il Governatore di Capua –
Barone Alessandro Begani– sia stato sepolto nella Cappella di S. Filippo. Un primo aiuto lo fornisce
la targa apposta all’ingresso della Cappella di S. Filippo, “costruita all’inizio del 1400, a cavallo della
principale spaccatura della montagna”. In essa si legge, tra l’altro, che ”la lapide a destra copre la
tomba del barone Alessandro Begani, prode difensore di Gaeta nell’assedio del 1815”. L’epigrafe
apposta sulla lapide chiarisce, altresì, che Alessandro Begani era nato a Napoli il 19 giugno 1770 e
morto a Capua il 24 aprile del 1837. Nella parte finale dell’epigrafe della lapide si legge: “A dì XXXI
di 8bre MDCCCLV. Per cura della vedova e desiderio dell’universale trasferiti gli avanzi e la lapide
di Capua qui monumento della memorabile difesa del MDCCCXV”. Dalla lettura dell’epigrafe della
lapide emerge un particolare molto interessante, ovvero la data -anno 1865- in cui i resti del
barone Alessandro Begani furono trasferiti, da Capua, nella Cappella di S. Filippo della “Montagna
spaccata”. La vita del Begani fu molto avventurosa e del tutto singolare, in quanto fu allievo del
Collegio Militare della Nunziatella dal quale uscì col grado di ufficiale di artiglieria. Fu, in seguito, arrestato in quanto sospettato di essere simpatizzante delle idee giacobine. Riuscì a lasciare il
regno per militare prima nelle truppe della Repubblica romana e poi, nel 1808, in quelle di Murat;
per le sue capacità militari, fece una veloce carriera fino al grado di Maresciallo di Campo, grado
col quale fu preposto quale comandante delle artiglierie della piazzaforte di Capua, per poi essere
nominato, nel 1814, come Governatore della Piazzaforte di Gaeta, fortezza che difese
strenuamente dall’assedio degli austriaci, dal lato terra, e dagli inglesi lato mare. Fu fedele fino
all’ultimo a Murat, sebbene questi avesse ormai lasciato Napoli, perché incalzato dal ritorno dei
Borbone. Si arrese soltanto l’8 agosto del 1815, quando seppe della notizia che Napoleone
Bonaparte era stato rinchiuso nell’isola di Sant’Elena. Nella capitolazione pose come unica
condizione che la piazzaforte di Gaeta e le relative artiglierie rimanessero nella disponibilità dei
Borbone. Dopo un breve periodo di esilio, ritornò in Patria, a Napoli, nel 1820, divenendo finanche
deputato. Nel 1831, fu reintegrato dai Borbone nel grado militare ed assegnato, per i suoi
indiscussi meriti militari, nel 1834, come governatore della Piazzaforte di Capua, città nella quale
morì nell’anno 1837. E’ stato evidenziato che risulta particolarmente interessante l’anno in cui i
resti del barone Begani furono traslati a Gaeta; era l’anno 1865 e il Regno delle Due Sicilie era
stato ormai fagocitato dal Regno dei Savoia che non nutriva una particolare simpatia per i Borbone
e per quanti che con essi avevano militato nelle forze armate. Da ciò si evince che al Begani,
benché avesse militato su contrapposte e diversificate posizioni militari (i Borbone, i francesi di
Bonaparte, il Murat e poi di nuovo i Borbone) venivano riconosciute non comuni doti di
comandante e di stratega, tanto da meritare la gratitudine e l’affetto della popolazione e del clero
di Gaeta che gli accordò il diritto ed il privilegio di avere l’ultima dimora terrena nel Santuario della
“Montagna spaccata”, quale tangibile segno di riconoscenza per la difesa di quella cittadina, nel
1815.
LA LAPIDE IN MEMORIA DEL BARONE BEGANI